Nel lungo procedere della storia umana,
fin dagli albori della coscienza, il significato e il fine della
nostra esistenza hanno assillato poeti e filosofi. Nell'antica Grecia
il primo pensiero speculativo vede già impegnate le scuole
presocratiche indagare l'origine della vita e il destino dell'uomo,
Talete nel VI secolo a.C. si pone per primo il problema di un
principio di tutte le cose (arché) e successivamente
Anassimandro pone a fondamento della realtà qualche cosa di
indefinibile, di infinito (apeiron). Il suo pensiero però si
diversifica da quello di Talete perché non assume come arché
un aspetto sensibile della realtà, ma cerca di andare oltre.
La ricerca costante sull'origine della vita porta come conseguenza a
porsi delle domande sul significato stesso della vita e del fine
umano e nel medioevo Sant'Agostino e San Tommaso cercano di dare una
risposta di tipo religioso a queste problematiche, secondo la
concezione cristiana infatti, il fine dell'esistenza è la
conquista della salvezza eterna con il concorso della grazia divina.
In seguito, nel periodo illuminista prendono forma delle dottrine
filosofiche che, prescindendo da una visione trascendentale della
realtà, cercano di capire la natura attraverso l'uso dei
sensi; il sensismo, il cui maestro è E.B. De Condillac,
è il punto di riferimento per la poetica del Foscolo. La
visione della vita del Foscolo è drammatica; secondo il poeta
il fine dell'uomo è il nulla eterno, sono valide solo le
conoscenze che derivano dai sensi e dalla ragione e il cosmo è un
continuo divenire, un ciclo costante che vede le cose nascere,
morire e trasformarsi. L'unica realtà per l'uomo è
quella sensibile, egli fa parte di quel meccanismo fatale presente
nella natura. Il suo compito è dunque quello di capire questa
realtà, tutto ciò che sfugge alle sue capacità
razionali e sensibili è falso e non ha valore. A questa
visione pessimistica della vita, il Foscolo cerca però di
reagire affermando i grandi ideali di Verità, di Giustizia, di
Bellezza, di Libertà e di Patria, si forma così nel
poeta una nuova fede laica: la religione delle illusioni; lo
strumento di esaltazione delle illusioni è la poesia e il
compito di essa è quello di cogliere, eternare e tramandare i
grandi valori dell'umanità. La poesia è dunque per
l'artista espressione di civiltà e di umanità che fa
vivere nel tempo, oltre al limite della vita singola di ogni uomo, i
grandi ideali. Il Foscolo in ogni modo è sempre cosciente che
gli ideali e i sentimenti più grandi sono solo delle
illusioni, ma egli li contrappone drammaticamente alla limitatezza
umana e alla labilità della materia. La visione romantica del
poeta raggiunge i punti più alti di espressione nei Sepolcri,
in essi si fonde armonicamente la visione romantica e la struttura
classica appresa dai poeti del passato, l'opera è inoltre
pervasa da una continua tensione fra finito e infinito, dove per
finito egli intende la realtà e per infinito le illusioni,
l'abbandono ai più nobili impulsi del cuore, i Sepolcri
sono in continuo contrasto tra vita e morte, l'uomo sfida il proprio
destino eterno cercando di tramandare ai posteri il suo pensiero e i
suoi più grandi valori spirituali: è questa continua
ricerca dell'eternità, dell'infinito che da un significato
alla sua vita. Questa illusione sarà sempre presente nella
visione poetica del Foscolo e sarà la sua ragione di
esistenza.
Quasi contemporaneo al Foscolo è il Leopardi. La
poetica del Leopardi è in alcuni suoi aspetti analoga a quella
di Foscolo, anch'egli aderisce alle posizione illuministe del '700 e
fonda il suo pensiero sulla base delle dottrine sensistiche, al
contrario però, la sua opera si differenzia per un pessimismo
più radicale e per delle diverse soluzioni da quelle auspicate
dal Foscolo. Inizialmente il poeta ha una visione dalla natura
benigna, questa è dovuta in gran parte allo studio dei testi
di Rousseau, ma in seguito capovolge il proprio pensiero verso la
visione di una natura matrigna. La natura è per il poeta un
ciclo continuo di trasformazione della materia, di nascita e di
morte, le illusioni sono solo uno slancio sentimentale della
giovinezza che non portano alla felicità, la quale è
per il poeta qualche cosa d'irraggiungibile, essa in ogni momento
della vita viene ricercata ma non è mai raggiunta. La
condizione dell'umanità è una condizione di sofferenza,
l'uomo deve prendere coscienza della sua condizione esistenziale e
del suo continuo soffrire e attraverso la solidarietà deve
cercare di reagire alla drammaticità della vita, deve reagire
al meccanismo cieco della natura esprimendo i sentimenti più
puri presenti nel suo animo. La presa di posizione del Leopardi è
una presa di posizione più laica, meno illusoria di quella del
Foscolo, il solo modo reale di vincere momentaneamente la natura è
quello di affermare la dignità dell'uomo che si esprime con
l'unione di tutti gli uomini. Il poeta supera così lo
storicismo romantico e contrappone il diritto dell'uomo al
raggiungimento della felicità attraverso un approccio
sensibile e non ideale. La visione ottimistica della società
borghese falsifica i veri drammi dell'uomo e la sua continua
infelicità, la visione pessimistica espressa dal poeta
paradossalmente si rivela così come una concezione
progressista della storia che smitizza i falsi valori presenti nella
società borghese. Come visto, la presa di coscienza
dell'infelicità dell'essere umano implica un superamento di
questa condizione attraverso l'affermazione dei valori più
nobili dell'animo umano e soprattutto la costruzione di una reciproca
solidarietà estesa a tutta la comunità mondiale.
Naturalmente il pessimismo cosmico presente in Leopardi rimane
sempre una costante, l'uomo può solo raggiungere parzialmente
uno stato di felicità attraverso la modificazione del rapporto
con i propri simili, ma non può comprendere i grandi enigmi
dell'infinito e del nulla eterno. Il poeta sentirà
profondamente questo dramma e la sua vita sarà sempre
impegnata nella comprensione del destino umano.
I temi del
significato della vita umana affrontati dal Foscolo e dal Leopardi
sono infine trattati anche dal Manzoni, la poetica del Manzoni però
si differenzia notevolmente da quella dei due autori citati, essendo
quest'ultimo un cattolico per il quale il fine della vita umana è
la salvezza eterna. Per il Manzoni il significato della vita va
ricercato nei valori cristiani, il dolore e il male sono visti, a
differenza del Leopardi, non come una costante insita nella natura,
ma come una dimenticanza della morale cattolica. Il modello di vita
cattolica cui aderisce il Manzoni concretizza i grandi principi della
Rivoluzione Francese e difatti, contrariamente a molti cattolici a
lui precedenti, la visione che ha della storia è
sostanzialmente progressista. Il poeta attraverso le sue opere cerca
di trasmettere dei valori positivi che superano la visione
reazionaria presente nella società italiana del suo tempo, si
riscontra così nella sua poetica un adesione reale alle
problematiche presente nel popolo: l'ingiustizia e le disuguaglianze
sono viste come un male che va risolto attraverso un rinnovamento
spirituale che riconosca la dignità dell'uomo e la sua
uguaglianza di fronte a Dio. L'adesione profonda al cattolicesimo
maturata durante gli anni della sua vita è una costante che si
rispecchia in tutta la sua opera e il messaggio cristiano arricchisce
il pensiero dello scrittore che vede l'esistenza come l'opera di un
disegno divino, ma diversamente da Foscolo e da Leopardi solo
attraverso il cristianesimo si può comprendere la nostra
presenza su questa terra e il fine impercettibile della nostra vita.
La storia dell'umanità non è un lungo procedere verso
il nulla ma è la conquista dell'eternità.